Mai come in questi giorni l’attesa per l’inizio del nuovo anno porta con sé aspettative, speranze e timori. Chiudiamo questo annus horribilis con il serbatoio in riserva, esausti per una pandemia che ancora non ci dà tregua e speranzosi di aver già messo alle spalle i giorni più bui. Nonostante svariate difficoltà, a Pensiero Industriale siamo riusciti a pubblicare 19 approfondimenti, cercando il quanto più possibile di far fede al nostro manifesto e di non farci travolgere dall’onda emotiva che inevitabilmente ci ha lambito. Abbiamo imparato molto nei mesi scorsi. Abbiamo parlato con imprenditori e ci siamo confrontati con analisti e ricercatori; abbiamo discusso a lungo tra di noi e con i nostri collaboratori, senza mai sottrarci a critiche e ad un genuino contraddittorio. Rileggendo e ripensando a quanto abbiamo prodotto nel 2020, abbiamo tracciato un quadro complessivo dell’anno che ci sta salutando, isolando tre fenomeni che secondo noi hanno contraddistinto lo scenario economico italiano e internazionale da Febbraio ad oggi.
La retorica ci ucciderà: come spesso accade in tempi di grandi cambiamenti, anche nei mesi scorsi abbiamo assistito ad una carrellata di cliché propinatici da guru dell’ultim’ora e da giornalisti dal sensazionalismo facile. Una delle idee più diffuse è che il lavoro da remoto (da noi volgarizzato in smart working) cambierà per sempre il modo di lavorare. Dopo una prima ubriacatura di lavoro dal divano, ci si siamo resi conto che mandare email mentre si impasta il pane non è sostenibile. Molti imprenditori e CEO con cui abbiamo parlato sono pronti ad investire nelle proprie strutture a patto di riportare i lavoratori nel luogo di lavoro. È un tema di produttività ma anche di innovazione. Molte innovazioni infatti si generano secondo un principio ‘bottom up’, dove la condivisone fisica di spazi di lavoro e di pensiero e’ alla base del processo di serendipity. Il secondo grande cliché che ci fa storcere il naso è l’idea che il commercio online rimpiazzerà il vecchio modello ‘brick and mortar’. Anche qui, e’ bene non farsi ingannare dalle statistiche che ci raccontano del boom di vendite online di Walmart o del gruppo Inditex (Zara). La verità è che la gente ha fame di contatto ed e’ disposta a far la coda al supermarket in nome di un acquisto in presenza. Torneremo a comprare in negozio e torneremo a voler visitare e vivere i luoghi. Ryanair sta comprando slot in tutta Europa facendo leva su questo crescente sentiment.
Bet on global: l’urlo di accusa nei confronti della Cina e delle supposte inadempienze della Organizzazione Mondiale della Sanità nella gestione della pandemia in corso sono comprensibili. Tuttavia, siamo scettici quando leggiamo autorevoli accademici parlare di contrazione delle catene globali di fornitura, reshoring o regionalizzazione delle filiere. Anche qui, occorre distinguere tra lo short term e il long term. Nel corto periodo, non abbiamo dubbi che l’articolata ragnatela di filiere globalizzate funzionerà male e ad intermittenza. Se provate oggi ad ordinare un container di ferramenta dalla Cina, dovrete aspettare fino a Maggio per il delivery. Nel medio-lungo periodo, però, ci aspettiamo un vigoroso recupero della globalizzazione della produzione. D’altra parte, spostare pezzi di filiere da un paese all’altro è molto complesso e, oltre ad ingenti investimenti, richiede l’attivazione di competenze che spesso non sono mobili (‘sticky’). Un ulteriore argomento a favore di un’accelerazione dei rapporti tra imprese across-country ci arriva proprio in questi giorni dai vaccini che si spera ci porteranno fuori dalla nebbia del covid-19. Da Pfizer-BioNtech a AstraZeneca-Oxford, i vaccini che stanno entrando nel mercato occidentale sono il frutto di collaborazioni tra multinazionali e centri di ricerca di diversi paesi (nel caso di BioNtech parliamo addirittura di un’impresa tedesca fondata da immigrati Turchi). Tanto più i prodotti del futuro saranno complessi, tanto più dovremo aspettarci la proliferazione di rapporti di collaborazione (verticali e orizzontali) across country.
Responsabilità individuale e accountability: È questo un tema a noi caro e che prescinde dall’emergenza economico-sanitaria che stiamo vivendo da Febbraio scorso. Il richiamo alla responsabilità individuale, e l’accountability a questa collegata, è tuttavia ancora più forte in un periodo in cui si è portati alla de-responsabilizzazione individuale. Il ristorante chiude? È colpa dello Stato che non offre i ristori. La gente non soggiorna più in hotel? ‘Eh vanno tutti in Alto Adige, ma quelli si tengono le tasse a casa’. La dura verità è che se bastano alcuni mesi di cash flow negativo per chiudere bottega, allora forse qualche problema ce l’avevi anche prima. Certo, il 2020 è stato un anno nefasto ed economicamente molto severo, ma siamo sicuri di aver fatto tutti i compiti per casa? Non stiamo necessariamente parlando di aver definito un back-up plan per ‘cigni neri’ o eventi catastrofici, ma di aver semplicemente fatto gli investimenti in strumenti digitali, sviluppo prodotto, e brand quando il contesto economico lo consentiva. La sensazione è che molti imprenditori abbiano confuso la gestione dell’impresa con la gestione dei propri asset familiari, dimenticando che accountability significa anche render conto ai propri stakeholder, siano essi clienti, collaboratori o fornitori. È questa una battaglia etica e culturale che siamo convinti dovremo combattere con fermezza negli anni a venire.
Lasciateci chiudere con una pillola di autoreferenzialità. Ci piace l’idea di essere ed essere stati per qualcuno una dose di “spray anti-bias”. Ogni volta che abbiamo prodotto un contenuto (ci siamo addirittura fatti male chiacchierando di calcio femminile e stipendi) abbiamo letto, riflettuto e cercato di dare sostanza al nostro pensiero. Il mix di accademia e impresa ha funzionato (secondo noi), così come la multiculturalità dei nostri approcci e la varietà delle nostre competenze. Pensiero Industriale vuole essere un filtro per leggere il presente ed interpretare il passato, in modo da potersi fare un’idea di futuro. Abbiamo dei progetti per parlare con le imprese e gli stakeholder industriali, vorremmo provare nel 2021 a mettere in pratica le nostre riflessioni. Da hub di pensiero questo luogo digitale è divenuto un punto di riferimento per qualcuno, noi giochiamo la partita, e con piacere la giocheremo anche il prossimo anno. Buon riposo a chi può, ripartiremo con grinta.
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